Benché sia musicista greco naturalizzato francese, Iannis Xenakis nacque in Romania, nella località di Braïla, nel 1922. Il suo apprendistato fu quantomai irregolare a causa sia degli aspetti eccentrici e mutevoli della sua personalità, sia delle oggettive condizioni storico-politiche entro le quali compì gli studi. Figlio di una famiglia facoltosa (ma la madre, pianista, morì quando egli aveva solo cinque anni), studiò filosofia nell’isola greca di Spetzau, prima di recarsi ad Atene, dove fu ammesso al Politecnico e dove, diciassettenne, prese le prime lezioni di pianoforte, armonia e contrappunto. Partecipò alla Resistenza militando nelle file comuniste e fu ferito gravemente nel ’44 in uno scontro con le truppe di liberazione britanniche: un incidente che gli costò la perdita dell’occhio sinistro e un’ampia cicatrice sul volto. Entrato in clandestinità e condannato a morte per diserzione, nel ’47, dopo aver preso la laurea in ingegneria, riuscì a fuggire in Francia passando attraverso l’Italia. Dovrà aspettare la fine della dittatura dei colonnelli, quasi trent’anni dopo, per rimettere piede in patria.
A Parigi entrò a far parte dell’équipe di Le Corbusier e riprese gli studi musicali, dapprima con Honegger e Milhaud – con i quali, tuttavia, non riuscì a stabilire un rapporto proficuo e duraturo – e poi con Messiaen, che incontrò nel ’51 e che ebbe un ruolo decisivo nell’indirizzare definitivamente verso la musica, oltre che verso l’architettura e l’ingegneria, le sue ambizioni professionali.
Risalgono a quegli anni parigini i suoi primi importanti progetti architettonici (convento de La Tourette, padiglione Philips a Bruxelles), le prime composizioni (tra cui Metastasis, che lo fa conoscere nel mondo musicale europeo) e la redazione di numerosi scritti teorici, incentrati perlopiù sul rapporto tra matematica, musica e architettura. Nel 1966 fondò inoltre la Équipe de Mathématique et d’Automatique Musicales, alla quale si devono studi formali basati sull’applicazione nella musica di complessi modelli matematici e la messa a punto – nel 1977 – di un sistema informatico per la composizione mediante decodificazione di forme geometriche.
Negli anni sessanta, in ogni caso, Xenakis è già un compositore affermato in tutto il mondo, che gli riconosce la forza e la capacità di calcare una via del tutto nuova e originale rispetto alle due principali correnti estetiche del tempo: quella strutturalista della Avanguardia di Darmstadt e quella “aleatoria” riconducibile a John Cage. Grazie anche ai propri molteplici interessi – filosofici, matematici e architettonici, oltre che musicali in senso stretto – Xenakis aveva cioè elaborato tutt’altro tipo di modello compositivo, quello “stocastico” (dal greco stochastikós, “che tende bene al fine”), che contemplava l’utilizzo di complessi calcoli probabilistici quali “filtri” mediante i quali controllare lo sviluppo non tanto dei singoli parametri musicali, che sfuggono a una riduzione in termini meramente numerici, quanto delle proprietà e delle dinamiche complessive che determinano il grado di tensione insito nel materiale sonoro. Tra le composizioni principali di questa fase, oltre alla già ricordata Metastasis per orchestra (1953-54), si ricordano Pithoprakta (1955-56), ancora per orchestra; Amorsima-Morsima per 10 strumenti (1962); Duel per 2 orchestre (1959); Syrmos per 18 archi (1959); Herma per pianoforte (1961); Stratégie per 2 orchestre (1962); Akrata per 16 fiati (1965); Nomos Gamma per orchestra (1968); Nomos Alpha per violoncello solo (1966); Orient-Occident per nastro magnetico (1960).
Negli anni Settanta, l’indirizzo poetico di Xenakis volge verso l’analisi di figurazioni naturalistiche e la loro trasposizione nella organizzazione sintattica musicale, quale si rintraccia in opere come Aurora per archi (1971); Erikhthon per pianoforte e orchestra (1974); Empreintes per orchestra (1975) e Achantos per soprano e strumenti (1977), che è anche la prima composizione non governata da esclusive logiche razionali ma anche da un certo grado di libertà. Quest’ultimo tratto “umanistico”, nel quale l’autore si lascia volentieri influenzare dalle riflessioni giovanili sul pensiero della filosofia antica, governa poi la gran parte delle opere che sono venute alla luce negli anni Ottanta e Novanta, tra le quali godono di particolare fortuna Mistis per pianoforte (1981); Thalleïn per orchestra da camera e percussione (1984); Keren per trombone solo (1983); Tetora per quartetto d’archi (1990); Plekto per cinque strumenti e percussione (1994).
Iannis Xenakis è morto a Parigi nel 2001.
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